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SUBLIMAZIONE DEL DOLORE IN VESTE POP | ARTE E ATTUALITÀ

Riscrittura poetica della vita del trovatore di origini armene Sayat-Nova, il lungometraggio The Color of Pomegranates diretto da Sergej Paradžanov (1968) ci illustra il folklore armeno con un linguaggio surreale e immaginifico. Quello di Paradžanov è un cinema del criptico, dove ogni inquadratura è trasposizione onirica del reale. La storia di Sayat-Nova viene raccontata utilizzando immagini estrapolate dalle sue stesse poesie. Il film esplicita sin dall’inizio che ciò che viene narrato è soggetto a una riscrittura allegorica, perciò nulla è ciò che sembra.



La cantante statunitense Lady Gaga ha deciso di ispirarsi all’opera di Paradžanov per dirigere insieme a Tarsem Singh il cortometraggio 911, singolo estratto dal suo album Chromatica (2020).


“Questo cortometraggio racconta la mia esperienza con la salute mentale e il modo in cui realtà e sogno possono interconnettersi per formare eroi dentro di noi e intorno a noi. Ora sono sveglia. Quella che una volta era la mia vita quotidiana, oggi è un film. È la poesia del dolore”.

Utilizzando la stessa tecnica del regista sovietico che si rifa al concetto freudiano di sublimazione del dolore attraverso l’arte, la cantante veste i panni di Sayat-Nova e ci confessa la sua verità: per un lungo periodo gli psicofarmaci l’hanno aiutata a mantenere il controllo sulla sua mente, sopraffatta dalla fama e dalle aspettative altrui, e perciò perseguitata da voci autodistruttive che non allontanavano il pensiero del suicidio.



Veniamo a conoscenza della sua storia verso la fine del corto: un attimo prima urla a pieni polmoni con la fronte costellata di ferite sanguinanti – ferite della mente – e un attimo dopo è sdraiata su una barella in seguito a un incidente in bici dove ha battuto la testa – o un tentativo di suicidio per la mancata assunzione dei farmaci –, avvenuto in una strada tappezzata di manifesti dell’Armenian Film Festival.



Quando viene rianimata, il cortometraggio trova la sua logica narrativa con uno sbalorditivo colpo di scena: quello a cui abbiamo assistito non è altro che un sogno. Il suo subconscio ha assimilato ciò la circonda e lo ha “riscritto” in modo poetico.

Ogni elemento onirico viene ritrovato nella realtà, e a più grandi linee anche nell’opera di Paradžanov.

Ma 911 è un capolavoro di intertestualità e i riferimenti culturali non si limitano certo a The Color of Pomegranates.


Scorgiamo anche un richiamo a 8 ½ di Federico Fellini (1963), una sorta di finestra sulla mente del protagonista: in una sequenza, il desiderio di evadere dalla realtà viene rappresentato attraverso la metafora del volo, ma la realtà richiama a sé il protagonista, catturandolo con una corda e non permettendogli di elevarsi. Lo stesso avviene in 911, dove Lady Gaga, a un passo dalla morte, viene riportata indietro dal defibrillatore.



Il corto strizza l’occhio anche a The Cell dello stesso Tarsem Singh (2000) e al western El Topo di Alejandro Jodorowsky (1970). Al primo perché incentrato sulla psicanalisi e sulla visione diretta di ciò che accade nelle menti dei pazienti; al secondo per il suo gioco di allegorie e metafore, che rendono il viaggio del pistolero un percorso spirituale.



La genialità di questo corto sta nel suo essere una considerazione sulla salute mentale, tema che viene fin troppo spesso evitato perché ritenuto scomodo. Tramite la sua esperienza sublimata, Lady Gaga mira a normalizzare l’atto coraggioso di aprirsi agli altri e narrarsi senza vergogna. Solo esorcizzando i nostri demoni e curando le nostre ferite della mente potremo diventare “eroi”, protettori dell’animo umano.

 

Articolo di Noemi Pagliardini

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