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STELLA, SANGUE , SPIRITO | ARTE E ATTUALITA'

Penso la luce e l'ombra come una mente, una duplice mente solare e lunare, come una sola anima, come il simbolo permanente di tutto il mio lavoro.


Stella, Sangue, Spirito (Actes Sud, 2003) è il titolo di uno scritto poco noto di Claudio Parmiggiani, probabilmente l'artista contemporaneo che si è tenuto più lontano dal mondo dell’arte e dai suoi meccanismi di sovraesposizione. Nato a Luzzara nel 1943, ha una lunga storia espositiva sia in Italia che all’estero. Negli anni Ottanta la sua figura viene riconosciuta a livello internazionale e le sue opere esposte in grandi musei tra cui, solo per citarne alcuni, il Museum Moderner Kunst di Vienna, il Museo di arte moderna e contemporanea di Strasburgo, il Palacio de Cristal di Madrid, il Pac di Milano.

Claudio Parmiggiani, Senza Titolo, 2018, arpa e farfalle, Bortolami Gallery


Ma di cosa è fatta la sua pittura? Quali meccanismi della vita, che si ritrovano anche negli scritti di Stella, Sangue, Spirito, lo portano alle sue famose Delocazioni, o all’utilizzo del vetro in grandi installazioni site-specific?

La sua arte, come la sua personalità, è votata al silenzio, all’assenza, al vuoto, alla lontananza, al restare in disparte, in controtendenza con la maggior parte degli artisti di oggi che tendono invece all’esibizionismo e alla provocazione e che paradossalmente si ricoprono di significati criptici e lontani dal sentire collettivo. Claudio Parmiggiani si proclama indipendente, condanna la troppa ideologizzazione e sostiene che a dare il vero senso all'opera sia il pathos, la violenza con cui si impone nel quotidiano.

La sua poetica – vicina in questo a quella di Giorgio Morandi – si ancora all’oggetto e prevede l'utilizzo di materiali molto diversi come ferro, legno, marmo, cera, vetro, cenere, gesso, carta, libri, lampade, foglie: “cose che gli occhi osservano e che appartengono alla vita”.

La sua è una pittura - senza pittura se ci limitiamo al senso materiale del termine - straordinariamente peculiare: non c’è solo la padronanza di una tecnica, ma un mondo di cose, uno spirito dell’arte che si afferma nella realtà, la sorprende, la affronta. Nonostante questo egli non intende far rumore: la sua attività è un’iniziazione al silenzio:


"Il silenzio è per me un materiale per l’opera, una materia. Il silenzio è una forma di eloquenza. Un’opera non vive in silenzio ma dentro il suo silenzio".

Parmiggiani è inoltre un artista che non può essere categorizzato all’interno di stili o movimenti artistici; la sua opera tocca l’arte concettuale così come l’arte povera, costruendo un dialogo tra forme pittoriche quasi tradizionali/classiche e forme installative nuove. L'incredibile varietà dei suoi lavori non gli impedisce di dichiararsi ancorato ad un’immagine perpetua, ossia quella della sua infanzia, il momento in cui la vita spesso si incaglia per poi prendere la sua direzione.

Come ogni grande artista, Parmiggiani ha cercato di trasformare quell'immagine in qualcosa di universale, tangibile ed eterno:


Conservo di quei luoghi il ricordo di lente e nere barche e uomini come ombre che trasportavano sabbia e nebbia. Quelle ombre sono il mio simbolo, gli spiriti fluttuanti che hanno assunto nella mente l’immutabile aspetto dell’anima. Ombre così lontane da trasmutarsi in tutto e in nulla. Altro non ho fatto, nel corso degli anni, nel cercare di dare un senso e un’immagine a quel nulla. Tutto quello che in seguito è apparso nelle mie opere proviene da quelle prime, decisive, incancellabili immagini che sono poi, davvero, le sole che contino e che nascono dall’emozione, vera sorgente dell’arte.


Il passato è passato, la casa rossa a cui tanto era legato, gli uomini e la guerra hanno fatto il loro tempo, eppure qualcosa ritorna, sopravvive, anche se deve lottare costantemente per venire alla luce. Questa l'origine che genera spesso le opere di Parmiggiani, così profondamente malinconiche e incatenate ad una figura che si ripete e tenta di affermarsi in modo indelebile, come nel caso delle statue di gesso, volti della stessa persona:


"Un volto, una voce, il mistero di un segno trovato per strada, un frammento, una testa di statua antica appartengono tutti alla medesima condizione di resti alla deriva, reliquie, brandelli di anima, ed è appunto questa loro condizione e non la loro appartenenza a un determinato tempo che importa".

Claudio Parmiggiani, Senza Titolo, 1974

L’artista cerca di riflettere il mistero nelle cose, l’assenza attraverso la presenza, e vi riesce soprattutto attraverso elementi come la polvere, la fuliggine e la cenere. Quest'ultima più di tutte è resistenza alla distruzione, al nulla più assoluto, alla mancanza dell’essere; si rivela immortale. È una celebrazione della pittura, della sua forza e permanenza, perché mostra ciò che rimane di un oggetto dopo la sua distruzione o sottrazione, la sua sagoma.

Con questo senso d’essere nascono attorno al 1970 le Delocazioni, sviluppate nel corso della sua vita in modalità sempre nuove:

"Della polvere, così come della cenere, mi servivo anche, spargendola sulle parole, per asciugare i quaderni di scrittura. Costruire con la polvere è rimasto nel tempo non solo una pratica ma un sentimento dentro ogni opera".

Claudio Parmiggiani, Polvere, 1997, fuoco, fumo, fuliggine, Villa Celle, Pistoia


Un altro materiale caro a Parmiggiani è il vetro, perché sintetizza il senso del tragico che vuole esprimere tramite l’opera. Labirinto di vetri rotti del 1970, è un’installazione che comprende un’ampia architettura labirintica di vetro e l’intervento dell’artista quando la infrange a colpi di mazza. La frammentazione evoca la prepotenza della vita che, con colpi improvvisi, ci ferisce. Esposti alla rottura, dispersi, gli esseri umani non smettono di emanare bellezza.

In un’altra opera Senza titolo (1997), un'ancora di ferro (altro elemento ricorrente nei lavori dell'artista) viene circondata da lastre di vetro in frantumi. Al centro c’è di nuovo l’uomo, scoperto e senza remi di fronte alla sua fragilità, ma sempre ancorato alla vita. In questa lotta infinita, tra luce e ombra, si manifesta la tragicità che per Parmiggiani è il fondamento dell'arte:


"Tutta l’arte è in relazione con il tragico, con la morte. Vita e morte. È dentro questa circolarità, dentro questa essenza, che si costituisce qualsiasi pensiero umano, qualsiasi opera. Il tragico è un sentimento, una presenza che non può, non dovrebbe mai venire meno in un’opera".


Claudio Parmiggiani, Labirinto di vetri rotti, 2008-2009, Collège de Bernardins


* Le numerose citazioni sono tratte dalla raccolta di scritti Stella, Sangue, Spirito, volume che dà titolo all’articolo. Questo per la volontà di comporre un breve e non esaustivo ritratto dell’artista, partendo proprio dalle sue parole.



 

Articolo di Rachele Bettinelli

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