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LONTANI MA VICINI | ARTE E ATTUALITA'

Le città sono vuote, in lontananza si sente qualche cauto rumore.

Una canzone intonata dai vicini di casa, un coro di applausi coordinati e commossi, delle sirene che sfrecciano nelle strade deserte.

Cosa vorremmo ascoltare mentre tutto intorno tace? Parole, vere e giuste.

Dovremmo affidarle a chi le conosce, le rispetta, le appunta su carta e poi le digita su qualche dispositivo.

Leggerle e recitarle come fossero un regalo prezioso, una preghiera laica in tempi duri. Ecco che scopriamo la poesia “Nove Marzo Duemilaventi”.

Mariangela Gualtieri vive la contemporaneità con il senso critico, caratteristico dei grandi intellettuali e poeti. Comprende la storia, pur essendoci dentro, immersa.




Si rivolge ad un “tu” qualunque, chiuso nella propria casa solo o in compagnia, in attesa.


"Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare."

Sono necessari pochi versi per comprendere che, in realtà, dietro al riferimento del singolo si nasconde la coralità di un popolo intero.

La poesia diventa autoanalisi che lascia poco spazio alla paura, ma ampio alla consapevolezza del "portentoso succedere delle cose". Nulla sembra essere inaspettato, si percepisce un forte senso di premunizione.

Lo sapevamo ed ecco arrivato il momento.

Il rallentare, il fermarsi e le crisi interiori sono le occasioni per riscoprire significati ed immaginare possibilità future. Ci sentiamo piccoli, bambini bisognosi di rassicurazioni, ma enormi nel comprendere l’importanza dei nostri gesti.

Soli, forzatamente distanti, eppure così uniti, simili.

Avvertiamo una profonda tristezza per ciò che sentiamo remoto nello spazio o che potremmo perdere.


"Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro."

Capiamo che oggi pur non sfiorandoci le mani, ci avviciniamo e tocchiamo con il pensiero.


Articolo di Martina Cambareri


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