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L' ORRORE |NELL'ARTE







31 Ottobre, da tutti conosciuto come "la notte di Halloween", notte in cui bambini e adulti si mascherano facendo "scherzetto o dolcetto".

Una tradizione che ha origine celtica e che, partendo dall'America, a preso piede in tutti i paesi del mondo.

Simboli di questa festività: l'occulto, l'orrore e le paure.


Quanti dipinti sono legati a questi simboli? Oggi ne vedremo alcuni.


 

Caravaggio


Celebre pittore lombardo il cui vero nome è Michelangelo Merisi, rivoluzionò la storia dell’arte nella seconda metà del Cinquecento. A caratterizzare la sua vita furono un delitto, una fuga disperata e un perdono giunto assieme alla morte.

Michelangelo Merisi non ha mai risparmiato dettagli truculenti nelle sue opere, ma d’altronde lo ha sempre caratterizzato un carattere sanguinoso.

Molti dei quadri di Caravaggio ricorre il tema della decapitazione, questo dovuto anche ai tempi molto violenti in cui viveva.


Giuditta e Oloferne, 1599, conservato nella Galleria nazionale di arte antica di Roma.

In questo quadro Caravaggio rappresenta l’episodio biblico della decapitazione del condottiero assiro Oloferne da parte della vedova ebrea Giuditta: essa è raffigurata intenta a decapitare Oloferne con una scimitarra, mentre alla scena assiste una vecchia serva che sorregge con le mani il drappo contenente il cesto nel quale va conservata la testa. Si dice che Caravaggio abbia dipinto il quadro pensando alla storia di Beatrice Cenci, che, insieme alla matrigna e al fratello, uccisero il padre, dopo averlo addormentato con l’oppio.


Un altro quadro ancora, la Morte della Vergine, che mostra la Madonna scalza, spettinata e col volto livido, è rifiutato dal committente in seguito alla diceria che la modella fosse una prostituta annegata nel Tevere.

 

L’inferno musicale


Dipinto da Hieronymus Bosh, il quadro appartiene al “Trittico delle delizie”. Il pittore fiammingo, in questo dipinto si ispira alla legge del contrappasso della Divina Commedia.

E’ un’opera complessa ed enigmatica, alcuni studiosi vi individuano come tematica il destino dell’umanità. Il quadro rappresenta i piaceri carnali dell’uomo e la condanna morale del loro abuso.

L’inferno musicale colpisce soprattutto per i dettagli celati all’interno del dipinto: nessuno è lasciato al caso ma ognuno ha un preciso valore simbolico, legato alla religione o, in alcuni casi, all’alchimia. La testa del gigante con il corpo a forma di uovo, posta al centro dell’opera, pare sia un autoritratto dell’autore. Attraverso la pittura, compiva un’opera moralizzatrice volta ad allontanare gli spettatori dalle tentazioni e dal peccato.

Nella zona inferiore del pannello, seduto su un alto trono di legno, si trova un colossale mostro con la testa di uccello, intento a cibarsi di dannati che poi defeca in una buca più in basso ssale mostro con la testa di uccello,

 

L’urlo


Anche Munch nel 1893 volle rappresentare l’orrore della sua epoca attraverso un volto, il suo, ma spogliato di tutti quei caratteri che lo rendevano distinguibile, deformato in un urlo, di modo che non rappresentasse più solo il suo Io ma l’angoscia esistenziale che caratterizzava l’intero fine secolo, che caratterizza la condizione umana fuori dallo spazio e dal tempo.

Le braccia raccolte, gli avambracci sollevati, le mani intorno al volto ridotto a un teschio scarnito con i buchi al posto degli occhi, narici e cavità orale ribadiscono il carattere angoscioso della persona.

È l’impressionismo, il sangue e  le lingue di fuoco della visione epifanica del pittore si riflettono sul tramonto, che da immagine di serenità diventa immagine di morte.

Panico. Ma questo panico non coglie tutti, dietro c’è chi che nell’orrore continua a camminare indisturbato, ignaro di quello a cui va incontro. Non si fermano a riflettere, se lo facessero si volterebbero indietro, con lo stesso volto, con lo stesso grido del pittore – soggetto del quadro.




 

Saturno che divora i suoi figli


Opera del maestro spagnolo Goya, dipinto negli ultimi anni della sua vita, quando, privo dell’udito e disgustato dalla crudeltà degli uomini, decise di ritirarsi a vita privata nella sua casa fuori Madrid. Fu proprio qui che iniziò a decorare le pareti del soggiorno e della sala da pranzo con tinte fosche e con soggetti inquietanti e angoscianti che sembrano emersi dai suoi peggiori incubi. Questi lavori, realizzati a olio direttamente sull'intonaco, sono stati ribattezzati pinturas negras o Black Paintings.

Streghe, demoni e goblin sono metafore di violenza, ignoranza, superstizione cieca. “Il sonno della ragione produce mostri”, ha scritto sotto una delle immagini più emblematiche.

Saturno che divora i suoi figli appartiene a questo filone e racconta la storia di Saturno, padre di Zeus che spaventato da una profezia, secondo cui uno di loro un giorno avrebbe privato il padre del trono, divora i figli appena nati. Il dipinto rappresenta bene l’orrore provato da Goya per la brama di potere dei forti, che non hanno scrupoli nell'assassinare innocenti per assecondare il loro folle egoismo.

La foga di Saturno è animalesca e fuori controllo, manifestata dalle grandi fauci come una nera voragine, imbrattate del sangue vivo di un corpo ormai esanime; gli occhi strabuzzanti sembrano fissare qualcosa di imprecisato, guardano ma non vedono, resi ciechi dall'avidità e dalla brama, le mani stritolano le carni del figlio senza vita, evocandone il possesso e il controllo coercitivo che ha in qualità di padre.


Fabiana Ponte

 

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