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IL CAMMINO DI UNA VITA | ARTE E ATTUALITA'


"Sapere che vedere il pesce sotto il pelo dell'acqua era già abbastanza. Era tutto. Era la mia vita, misteriosa come tutte le vite. Così vicina, così presente, così intimamente mia nel suo slancio sacro e selvaggio. E com'era selvaggio lasciare che fosse."

Tratto da Wild. Una storia selvaggia di avventura e rinascita, Piemme, 2016



Nel 1995 Cheryl Streyed iniziò a camminare sul Pacific Crest Trail, un percorso di 4260 km che dal Messico attraversa la California, l’Oregon e Washington per terminare al confine con il Canada. Racconta la sua storia in un libro autobiografico Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail (2012), da cui inevitabilmente è stato tratto un film. Dico inevitabilmente perché, per quanto la scrittura sia semplice, non c’è nulla di scontato nel cammino di Cheryl e c’è molto di umano.

Non è un'esperta escursionista, non è particolarmente allenata per quello che dovrà affrontare e per cui normalmente le persone si preparano per mesi.

É una donna di ventisei anni che non ha ancora superato la morte prematura della madre, il matrimonio di cui ha causato la fine, il caos che la circonda e i principi morali a cui ormai ha rinunciato.



Unico compagno di viaggio è l’enorme zaino da trekking, riempito con ogni cosa utile e soprannominato “Mostro” per le sue paralizzanti dimensioni.

Lungo il cammino ogni cosa si trasforma, le paure, i sentimenti, le immagini piene di senso di colpa e di vergogna che Cheryl arriverà non senza dolore ad accettare, ad affiancare a quelle di tenerezza, di forza e di determinazione.


"Era un mondo sconosciuto, un mondo in cui avevo fatto ingresso esitante, addolorata e confusa, con timore e speranza. Un mondo che pensavo avrebbe potuto fare di me la donna che sapevo di poter diventare e al tempo stesso risvegliare la ragazza che ero stata una volta. Un mondo che misurava sessanta centimetri di larghezza ed era lungo 4.260 chilometri"

Contro ogni aspettativa non si troveranno solo elogi ai cieli stellati nel deserto, alle acque cristalline dei laghi, al luccichio della neve nei suoi giorni più belli. È qui che sta l’autenticità, il racconto non nasconde il senso di solitudine e di pericolo, la scarsità di acqua e di cibo, le avversità climatiche, la fatica perenne. Le dichiara costantemente. Eppure la strada avanza, i chilometri vengono percorsi. Cheryl farà incontri inaspettati e speciali, altri più difficili, guarderà il suo corpo ferito cambiare e non cedere fino all'arrivo sul Ponte degli Dei. Raggiunge la meta che si era prefissata e si rende conto che non è l'ultima, che non c'è una fine, perché il cammino dura una vita e può davvero iniziare.



Molti hanno paragonato questa storia a quella di Christopher McCandless, raccontata nel libro di Jon Krakauer Nelle terre estreme (1996), poi adattata nel film Into the Wild - Nelle terre selvagge (2007). La similitudine mi ha fatto riflettere, e sono arrivata alla conclusione che, per quanto il richiamo della natura e il rapporto con essa possano essere avvicinati, la spinta a inoltrarsi in condizioni estreme, a sfidare i propri limiti, siano all'origine diverse. Quella di Chris è una fuga dal mondo, dalle sue regole, privilegi e condizionamenti inclusi, quella di Cheryl è la strada più lunga, ma più funzionale a ritrovare sé stessa, il proprio equilibrio, i valori che la facevano sentire una persona degna dell'amore ricevuto.



Forse, direte voi, non si dovrebbe necessariamente percorrere più di 1700 Km di fatiche e privazioni, per comprendere il valore di ciò che si ha e che si può dare. Forse la vita è già abbastanza difficile e insidiosa, e il coraggio di affrontarla con lo spirito giusto andrebbe trovato ogni giorno, dove si è. Potrei essere d’accordo, ma continuo ad amare la capacità di ammettere umilmente le proprie imperfezioni, di avere qualcosa da sistemare, fallimenti da accettare.

Dunque non posso che amare tutte le Cheryl Streyed del mondo, che non si limitano a guardare la propria vita andare in pezzi, ma trovano nuove strade per ricomporsi, riascoltarsi, riconoscersi senza la pretesa di capire o poter controllare sempre tutto, amandola nella sua imprevedibilità, perché farlo è possibile.


Mettere semplicemente un piede davanti ad un altro, aspettare che la tempesta passi senza sentirsi già sconfitti, pensare di lasciare e poi rimanere, sapere di non farcela e ammettere che ci siamo sbagliati, abbracciare la propria solitudine: sono tutte scelte che facciamo, ogni giorno, percorrendo il nostro personale sentiero. Così scopriamo di essere artefici anche quando le cose semplicemente ci accadono, capitano senza la nostra volontà, perché come la madre di Cheryl le ha insegnato:


“nella vita ci sono un'alba e un tramonto ogni giorno. E tu puoi scegliere di essere presente, puoi metterti sulla strada della bellezza”.


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