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Animula vagula, blandula | Parole e attualità

Thomas Mann definì Memorie di Adriano "un’opera poetica piena di erudizione", ma ancor prima di questo credo che sia l'anima di un uomo, raccontata attraverso i suoi ricordi.

Piccola e soave, così la definisce l'imperatore Adriano, nella poesia che scrive, ormai vicino alla morte. Ed è importante, perché da qui comincia - e qui finirà - il romanzo di Marguerite Yourcenar, composto a partire dal 1924 e pubblicato solamente nel 1951. Narrando in prima persona, tramite una lunga lettera destinata a Marco Aurelio, Adriano (76 - 138 d.C) si svela e ci permette non solo di scoprire gli aspetti storici e politici legati alla sua funzione, fedelmente ricostruiti dalla Yourcenar, ma anche di comprenderlo come essere umano, nei suoi pensieri e sentimenti, tra tormenti e contraddizioni.

"Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo" è tra le cose più vere che ci dice di sé, tormentato dalla responsabilità di cui è investito e l'effettivo potere sulle sorti del mondo, sulla cattiveria e sulle illogiche guerre di intolleranza. Un libro destinato a tutti, ma che risulta comprensibile soprattutto a chi trae conforto nello scoprire sensibilità simili alla sua, a chi ama riflettere sul mondo e sulle cose.

Emerge il ritratto di un uomo sorprendentemente moderno, colto, viaggiatore, amante della natura e cultore delle arti ma per questo inquieto, consapevole dei propri limiti e di quelli altrui, delle ingiustizie e delle asprezze del destino. Per lui c'è sempre da ricominciare, ma ci sono momenti in cui i dubbi lo assalgono.

Come quando si trova costretto a rinunciare al suo amore più vero, quello che dopo duemila anni di "progresso", molti ancora giudicano inappropriato e che invece per lui era fonte di gioia, un essere ansioso di carezze e di ordini, con gli occhi più attenti di tutti.


Busto di Antinoo, II sec d.C, Museo del Louvre



Le riflessioni di Adriano sono quelle di uomo come tanti che cerca di comprendere il significato di concetti complessi quali l'amore e l'odio, l'anima e il corpo, senza mai cadere in trappole filosofiche, cercando di interrogarsi e di mettersi in discussione come potrebbe fare quotidianamente ognuno di noi.

Confida di impegnarsi per non avere alcun tipo di giudizio né di abitudine irrinunciabile, così da poter apprezzare la comodità di un letto soffice, ma anche il contatto con la terra più umile e povera, riconoscendo "le disuguaglianze di ogni segmento della circonferenza del mondo". Amante di Roma e appassionato di ogni aspetto della civiltà Greca, l'imperatore non vede barriere o individui estranei, ma solo occasioni di scambio e conoscenza, come "un Ulisse senz'altra Itaca che quella interiore".

Per questo scopriamo che ad appagarlo di più è proprio l'umano, in cui trova tutto, persino l'eternità e che l'arte diventa un modo per proteggere proprio quest'eternità, perché capace di evocare ciò che abbiamo perduto.

Anche se ci sembra impossibile, considerata la distanza temporale e di ruolo, ci troviamo ad empatizzare; dai problemi di insonnia alla difficoltà di scegliere tra giusto e utile, tra bene e male, fino alla tentazione di lasciare tutto, di rinunciare ad ogni cosa bella pur di far cessare delusioni e sconfitte. Per fortuna Adriano non cede al male e si conferma un amante della vita, lui "amato d'amore umano", fino all'ultimo istante, quando ci invita a "cercare d'entrare nella morte a occhi aperti".


Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano, Einaudi, Torino, 2014.



 

Articolo di Rachele Bettinelli

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